Uno sguardo psicomotorio sulla disprassia

Uno sguardo psicomotorio sulla disprassia

La disprassia fa parte dei disordini minori del movimento nonché dei disturbi del movimento intenzionale ed è proprio il movimento intenzionale, attivo ed espressione dell’iniziativa psicomotoria da parte del soggetto che è al centro di interesse della Psicomotricità, la quale non si pone come oggetto di studio il movimento dal punto di vista quantitativo e strumentale di base, quanto piuttosto ed in modo specifico degli aspetti qualitativi del movimento.

Le goffaggini, infatti, costituiscono il nucleo specifico della patologia psicomotoria in quanto carenza di destrezza, velocità e abilità.

La psicomotricità studia la realizzazione motoria in quanto:

-Movimento pensato in modo organizzato

-Movimento libero e fluido nell’ esecuzione coerentemente a quando prima pensato;

-Movimento sempre e comunque controllato in funzione dell’autonomia e dell’adattamento.

Per la psicomotricità il movimento rappresenta sempre e comunque la totalità della persona e per questo va tenuto presente che dal punto di vista genetico e generale lo stesso movimento prima di essere intenzionale è espressivo, vissuto, comunicativo e relazionale. In questi termini perché il movimento abbia un valore psicomotorio ossia rappresentativo della totalità della persona è necessario che queste componenti non siano solo presenti ma anche siano tra loro in rapporto armonico. Una loro disarmonia infatti determinerà un disordine psicomotorio del movimento. Proprio per questo noi psicomotricisti non ci limitiamo a dare una definizione semplice di coordinazione come si trova in neuropsicologia ossia di movimenti coordinati nello spazio in funzione di uno scopo da raggiungere ma tale coordinazione riguarda anche le emozioni, i desideri, la relazione con se stesso e gli altri.

Tra i disordini qualitativi del movimento troviamo diverse definizioni: impaccio evolutivo, goffaggine, aprassia evolutiva, infantilismo motorio, ritardo motorio semplice, ritardo dello sviluppo motorio e disprassia.

Il termine “disprassia” dal greco “difficoltà ad agire, realizzare movimenti ed azioni” è relativamente recente nella storia della medicina e della neuropsicologia.

La prassia è costituita da sequenze di movimenti tendenti a realizzare un movimento volontario, intenzionale che permette di interagire con la realtà esterna. Questa azione è reale quando si tratta di oggetti sia con gesti semplici che complessi, simbolica quando si tratta di gesti ad evidente influenza culturale oppure il gesto può essere eseguito raffigurando l’uso di un oggetto immaginato all’ interno di un’ azione simulata o immaginandosi un sentimento o una sensazione.

Si dovrebbe parlare più che di semplice prassia di gnoso-prassia o pratto-gnosia nel senso che nessuna azione è possibile se non si effettua prima, durante, dopo l’azione un analisi delle informazioni sensoriali interne ed esterne alla persona e al suo corpo  ossia per compiere un azione bisogna conoscerla e riuscire  a rappresentarsela anticipandosela mentalmente.

La prassia costituisce un processo mentale e psichico, comprese le componenti involontarie e affettive, che programma in maniera cosciente e volontaria un ‘azione e realizza questa stessa azione in maniera più efficace ed economica possibile.

Nel bambino, quindi, possiamo dire che la disprassia è una sindrome dominata dall’impaccio motorio le cui caratteristiche richiamano solo in parte quelle dell’adulto.

Si dice che la disprassia è “evolutiva” in quanto si tratta di difficoltà che emergono nel corso dello sviluppo. In particolare in psicomotricità la disprassia viene vista come un quadro nel contempo neurologico e psicologico complesso in quanto disturbo della comunicazione dove non è tanto interessata la funzione motoria in quanto tale, cioè la coordinazione, ma la realizzazione motoria in relazione con gli altri, possiamo allora dire che dal punto di vista psicomotorio la disprassia può essere considerata come una difficoltà a compiere una serie di movimenti significativi per sé e per l’altro, intenzionali, diretti verso uno scopo dentro una sequenza ordinata nello spazio-tempo, logica e concausale e comunque anche in sintonia con le emozioni proprie e altrui: un movimento quindi non solo pensato ed effettuato in modo strumentale ma anche vissuto e utilizzato come mediatore della relazione con gli altri.

(Boscaini 2014)

Rielaborato da Martina Carli psicomotricista


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